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mercoledì 20 maggio 2020

AMOUR FIN DE SIECLE: e la caccia ai delfini in Liguria



Nel mondo fin de siècle, un amore sul mare immune da ogni pregiudizio, proiettato verso un mondo più libero e più giusto, ignaro delle ombre che si addensano nel cielo del XX secolo.

Nel 1894 il mondo è in bilico fra il passato e il futuro: l’elettricità è all'inizio, le barche impiegano i motori riadattati delle prime auto. Alla fine del suo ultimo anno di scuola, Baciccia Traverso, in attesa del suo primo imbarco, è in vacanza in riviera da un amico, fra belle bagnanti straniere che si spera “la diano”, e barchi in processione sul mare. 
Una piccola “ninfa del mare” lo affascina e lui, del tutto incapace di pensare a quanto possano essere considerati socialmente distanti il figlio di un deputato (del primo Partito Socialista) e una ragazzina senza scarpe e senza busto, vive il loro amore con una passione che si approfondisce con l’incidente che colpisce la fanciulla, finché lui s’imbarca e la nave che lo trasporta incappa in un fortunale. Passano i giorni, e i mesi, senza che di lui si sappia più nulla. Prima di partire, però, Baciccia aveva dato modo a Stellina di diventare la stilista che sognava di essere, e che aveva la capacità di diventare. “Non sarà mai libero chi non lavora, neanche le donne”, dice il padre deputato, che era partito da Quarto con Garibaldi e i suoi Mille, a 17 anni.

Una storia di amore profondo e di passione accesa, eppure singolarmente pulita, come forse non usa più. G. B. Traverso (Baciccia), genovese DOC, è un ragazzo passionale, profondamente onesto, come i suoi genitori. Stellina è una ragazzina di Sestri Levante, che conta sulla gentilezza dei pescatori per avere almeno un pesce per la nonna. Ha la gonnella troppo corta, un dura "suola" sotto i piedi scalzi che può anche essere più fragile di quanto non sembri, non ha il busto, ma è intelligente: appassionata di disegno e di moda, esercita la propria creatività sul lastrico della strada, con un pezzo di mattone. Eppure potrebbe essere una grande stilista: e lo diventa. Non è felice, però, perché il suo Bacci si è perduto in mare.  E non avevano ancora mai fatto l'amore.

QUANDO A SESTRI LEVANTE SMISERO DI DARE LA CACCIA AI DELFINI,                                    NELL' OTTOCENTO (DAL ROMANZO)                                                                           

Bacci e Steva si crogiolavano nell'acqua come due delfini, quegli strani pesci dalla coda orizzontale che da qualche tempo i pescatori di Sestri non volevano più cacciare, dopo che un i cucciolo aveva pianto tanto e aveva finito per spiaggiarsi, andando dietro alla madre che era stata catturata. 

Come si poteva uccidere un pesce che piangeva e che seguiva sua madre? Baciccia pensava che, per quella gente dalla vita dura e al limite della sussistenza, smettere di cacciare i delfini fosse stato un atto bellissimo. Che avessero ragione, quelli che dicevano che quegli animali non fossero affatto dei pesci?


UN AMOUR FIN DE  SIÈCLE 

La recensione della dott.sa Giuseppina Lucia CAPODICI       (linguista)

Se nel titolo non ci fosse una data, 1894, non saprei di che secolo si tratti.. Per fortuna c'è la data e ci sono chiari riferimenti a Garibaldi, all'impresa dei Mille, a Mazzini e a Mameli. E che dire del ballo di fine anno tra gli studenti del prestigioso e storico Liceo Colombo, con “esterni” del Nautico S. Giorgio, altrettanto prestigioso, e le ragazze del Collegio religioso del Sacro Cuore ?

Perché questo “dubbio” ? Perché i sentimenti vissuti vanno al di là del tempo e dei tempi. Perché l'amore vero, quello di Stellina e di Bacci, rispettoso e sincero, è una carta vincente sempre ed è una vera fortuna vivere un'esperienza così.

Naturalmente ci sono la dolcezza, quella di Suor Maria, faro di bontà assoluta, le esperienze di ragazzi e ragazze che danno l'addio all'infanzia,  che pensano alle donne, ai ragazzi, ai futuri mariti, al sesso e al lavoro, ma  anche l'invidia e la cattiveria: fa parte del gioco.

Tutto questo accade in questo romanzo incastonato nella bella e fascinosa Sestri Levante, tra il cielo e il mare.

Il mare è un altro dei personaggi principali. Un mare che dà gioia , ma anche lavoro, e che sa dare anche disgrazie e talvolta morte.

Affascinante l'uso del dialetto genovese, con i suoi suoni che sanno anche di luoghi lontani d'oltremare.

Affascinante anche l'uso dei colori: il cielo, il mare, le nuvole sono azzurri, blu, neri. I colori vivono le esperienze dei personaggi. Al lettore il simpatico compito di trovarli, o comunque di notarli durante la lettura, per apprezzarne i significati.

Ottime  e accurate le notizie storiche riguardanti il vecchio Liceo Colombo, ma anche gli ambienti sociali sia di Genova che di Sestri, che l'autrice dimostra di conoscere molto bene.

In definitiva, calati in questi mondi, si capisce subito che l'amore fin de siècle è vincente, ma quante e quali sono le esperienze di vita che ogni personaggio dovrà attraversare e vivere !

Ma non è sempre tutto scontato, ovvio, e sta al lettore scoprire come tutto ciò si svolgerà, e arriverà alla fine con il fiato sospeso, anche perché egli stesso sarà diventato, suo malgrado, uno dei personaggi.

 

Dott. sa Giuseppina Lucia Capodici, linguista

 

 La Recensione della dott.sa Antonella GRIMALDI (italianista e scrittrice)

            Genova e Sestri Levante, i due luoghi della Liguria che hanno visto lo spiegarsi dell'esistenza di questa prolifica scrittrice, appaiono essere con la loro storia e la loro lingua viva, i veri protagonisti di questo romanzo breve, nel quale le vicende erotico-sentimentali di Baciccia e Steva fungono da pretesto per raccontare, ancora una volta, la Liguria con i suoi bricchi e le sue valli, con i suoi scogli e i paesini pittoreschi, con la sua gente di mare. Scrive infatti l'Autrice:

“Baciccia pensò che gli sarebbe piaciuto fare una gita ai bellissimi paesotti costieri che sfilavano davanti a loro, incastonati fra le cittadine più grandi come pietre preziose in una collana: non conosceva neanche i loro nomi, ma sapeva che alcuni di essi potevano essere raggiunti solo via mare, o a piedi, scendendo giù per quei bricchi scoscesi che erano le alture liguri. Pensò che quei paesi sembrassero dei quadri e che, probabilmente, erano più belli dal mare che a esserci dentro.”

         Scorrendo le pagine del romanzo, ciò che più ci colpisce è l'uso sapiente del dialetto. La Cresta, grazie alla sua lunga e significativa esperienza, anziché affermare la contrapposizione tra italiano e ligure, introduce nel suo racconto le numerose sfumature e varianti del dialetto ligure, realizzando così alcuni pregevoli passaggi dal parlato alla lingua, e oscillando opportunamente a seconda dei momenti espressivi, dell'età dei parlanti e della loro estrazione sociale. Ed è proprio quest'ultimo aspetto che ci permette di mettere in luce la sua intenzione di dar voce  a storie e personaggi della realtà popolare.

         Il dialetto, rappresenta quindi l'adesione letteraria di Laila Cresta alla realtà, la volontà di conferire maggiore espressività, sia alla narrazione, sia ai dialoghi, e approdare in tal modo al vivace e originale miscuglio di lingua e dialetto che tanta fortuna ha dato all'opera di Andrea Camilleri. Così, vediamo che, pur essendo il genovese un linguaggio elegante, elaborato lungo i secoli attraverso una tradizione letteraria di assoluta importanza, in questo romanzo viene a sciogliersi con una naturalezza e un'immediatezza espressiva di tutto rilievo: 

CoSe ti rii, scemmo! L’è un brutto mâ, da rovinase pe a vitta!

In questo senso, la figura di Stellina, l'amore di Baciccia, che saltava agile tra gli scogli e teneva la gonnella raccolta con le mani per mettervi le gritte e i rissi trovati tra gli scogli, e che, nello stesso tempo, era capace di richiamare alla mente del ragazzo i versi dei Canti Orfici, “la sua natura sta nella riservatezza e nello stupore che genera negli uomini ciò che è immacolato e silenzioso...”- risulta essere l'immagine più compiuta della scelta letteraria della Cresta che si muove con disinvoltura tra l'italiano colto e “pulito” e il dialetto ligure vivo e “sporco”. Infatti, se da un lato, la visione di questa ninfa plebea sollecita le reminiscenze poetiche di Baciccia, ragazzo benestante e acculturato, figlio di un deputato ex garibaldino, dall'altro tocca il cuore di un vecchio pescatore, che, vedendola, esclama:

“Che bélla piccinn-a! A pà in craieu!

 Dunque, la sensibilità romantica di Laila Cresta si dimostra in questo scritto nell'attenzione alla vita e al linguaggio del popolo, come pure  nell'intreccio narrativo riguardante la storia d'amore tra Baciccia e Stellina, per il quale non si può che rimandare alla lettura diretta di questo gradevolissimo romanzo.

                                                                                                                  Antonella Grimaldi