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sabato 30 novembre 2013

L'ALBERGO DEL RAGNO- LA SINOSSI


Genéviève (Genny) Duvernois è a  Genova, in cerca di quiete e dei ricordi dell’infanzia e della giovinezza. Sono con lei due giovani adulti, il figlio Robert e l’amico di questi, l’agente della polizia francese Albert Panelli. La permanenza, che doveva essere solo una breve tappa del loro viaggio verso  la Riviera di Levante, viene stravolta da avvenimenti raccapriccianti, e troppe donne vengono uccise con ferocia da qualcuno che gode a farlo, mentre spariscono preziosi di grande valore. Spinto dall’amore e dall’urgenza di aiutare Genny, arriva dalla Francia il commissario Draguignan, che si aggiunge al maresciallo dei carabinieri Alessi ufficialmente incaricato delle indagini. 
Ci sono anche anche: un Ufficiale di Bordo svedese che è una donna statuaria ma anche un soldato esperto, il suo ex compagno, l’atletico Mario Canepa dallo splendido sorriso, e poi un famoso chéf, e un’ex ballerina del Crazy Horse ancora bellissima, e anche due giovani artiste disinvolte. 
E così, tutti conoscono “giorni da segnare con una pietruzza bianca” e “giorni da segnare con una pietruzza nera”, e la vacanza si trasforma  in un “risseu”(letto alla francese), un sentiero alla genovese di ciottoli bianchi e neri che formano belve e uccelli del paradiso, come a Palazzo Reale, in un’altalena di meraviglie e di orrori. 
Sullo sfondo, il famoso dirottamento di una nave azzurra, un vecchio omicidio, un gioiello di Bulgari dal valore inestimabile che nessuno riesce a trovare, amori nuovi e amori ritrovati. 
Incombente, la figura di una belva bicefala che terrorizza e uccide e si appropria di gioielli prestigiosi, in un palazzo del ‘500 che non conosce la luce, in quella città di carruggi che è Genova. 
Genova, la vera protagonista del romanzo, Genova gelosa di sé, come una quinta teatrale dispiegata sul mare,  fra i monti e l’acqua, che mostra agli altri solo quel che vuole mostrare. 

L'ALBERGO DEL RAGNO
di Laila Cresta


Arduino Sacco Editore - ISBN-978-88-6354-946-1


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BOOKSIN, LA LIBRERIA DEI CARRUGGI
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Vico del Fieno 40/R       16123 Genova 

L'ALBERGO DEL RAGNO: Genova, prima- (incipit)



GENOVA, PRIMA
L’uomo si fermò un attimo su quella che era stata la porta interna del vestibolo distrutto. Quel luogo fuori dal tempo lo attirava irresistibilmente. Un faccione di luna lo illuminava, una luna rossastra, gonfia di umori maligni, che riusciva a illuminare solo uno spicchio al di là della porta. Sulla soglia, sotto i suoi piedi, un avanzo di quello che era stato il pavimento a mosaico del vestibolo, scricchiolò per qualche altra pietruzza che lasciava il proprio alveo, come i denti di un vecchio. L’architrave pareva segnare un ingresso segreto a strutture rupestri ben lontane da lì, a qualche tempio di Petra ad esempio, ma l’interno… Oh, l’interno! L’interno gli rammentava in qualche modo il laboratorio San Severo, e i suoi affascinanti corpi così esposti nelle loro viscere più segrete. Così gli sarebbe piaciuto fare. Lì dentro, le erme bianche e nere che reggevano le colonne, col busto coperto di conchiglie, parevano portare giustacuori che in qualche modo mascherassero visceri autentici, nella loro sofferenza eternata dalla morte. Davanti a lui, adesso, il lume della sua torcia fece brillare le carni bianche della più bianca fra le ninfe, Galatea celebrata nel suo trionfo, roba da sentirsi rimescolare fin nel profondo. E quell’altra, quella rapita dal toro, che senz’altro l’aveva violata e fatta soffrire, lontana dal mondo e da chi la amava! Europa! E tutto in rilievo di pietruzze e conchiglie, a dare l’idea di una realtà di carni e di sangue… Ci sapevano fare, quei vecchi, non c’era dubbio. E forse non era una perdita di tempo, studiare, se poteva rivelare l’esistenza di posti come quello. A Genova avevano la passione di quelle cose lì, ninfei e grottaglie, li chiamavano, ma gli pareva che quella Grotta D’Oria avesse qualcosa che agli altri mancava. Forse quell’estrema decadenza, quel suo essere in disfacimento come un corpo putrefatto, era l’aspetto che lo affascinava di più.

L'ALBERGO DEL RAGNO- di Laila Cresta, Arduino Sacco Editore
sul sito online della Casa Editrice
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sabato 23 novembre 2013

Una vacanza fra fantasmi e spettri e assassini

Albert continuò, con voce piatta: «Dalle mie parti, vicino a Giarre, c’è un ponte su cui si dice passi una donna caduta di sotto senza potersi confessare… E più d’uno si è sentito toccare dalla sua mano viscida, passando di lì. Dicono voglia invitare a… a tenersi pronti».

«Ce ne sono tante, di queste storie nate dal buio e dalla paura della morte, che non è solo paura di morire… A Montsègur per esempio, nell’Auvergne, parlano di Esclarmonde, la Dama Bianca del Castello… Dicono  che pianga per le vittime dell’eccidio dei catari, 250 anni fa, e che appaia per mettere in guardia contro qualche disgrazia, un po’ come la tua Donna del Ponte. E c’è persino chi dice di averla vista danzare sotto la pioggia, giocare col vento, e roteare col fulmine levando al cielo le su lunghe braccia, come per attirare a sé tutti i demoni del cielo, scampandone gli abitanti... Se ci si avvicina a lei, dice la gente, in mezzo all’ululato del vento si sentono dei canti tristi, dei gemiti, e dei pianti che agghiacciano il sangue. Appena la  tempesta si allontana e il sole si fa strada in mezzo ai nuvoloni neri, la Dama Bianca scompare, dopo un ultimo sguardo alle rovine del suo Castello. Me lo raccontava nonna Duvernois, e ne sapeva tante, di leggende così…»

Anche quella notte, Al non dormì molto. Ancora una volta fu come se una corrente fredda serpeggiasse di colpo nel corridoio, con un suono quasi subliminale, spargendo un odore ferrigno, di terra e di foglie marce, come di certi morti dimenticati che si alzino dalla tomba. Il letto era viscido del sudore freddo della maccaja (leggi: makàja) e Al si sentiva come avvolto nell’orrido abbraccio della Donna del Ponte. 
(da "L'Albergo del Ragno", Arduino Sacco Editore)