Albert continuò, con voce
piatta: «Dalle mie parti, vicino a Giarre, c’è un ponte su cui si dice passi
una donna caduta di sotto senza potersi confessare… E più d’uno si è sentito
toccare dalla sua mano viscida, passando di lì. Dicono voglia invitare a… a
tenersi pronti».
«Ce ne sono tante, di queste
storie nate dal buio e dalla paura della morte, che non è solo paura di morire…
A Montsègur per esempio, nell’Auvergne, parlano di Esclarmonde, la Dama Bianca
del Castello… Dicono che pianga per le
vittime dell’eccidio dei catari, 250 anni fa, e che appaia per mettere in
guardia contro qualche disgrazia, un po’ come la tua Donna del Ponte. E c’è
persino chi dice di averla vista danzare sotto la pioggia, giocare col vento, e
roteare col fulmine levando al cielo le su lunghe braccia, come per attirare a
sé tutti i demoni del cielo, scampandone gli abitanti... Se ci si avvicina a
lei, dice la gente, in mezzo all’ululato del vento si sentono dei canti tristi,
dei gemiti, e dei pianti che agghiacciano il sangue. Appena la tempesta si allontana e il sole si fa strada
in mezzo ai nuvoloni neri, la Dama Bianca scompare, dopo un ultimo sguardo alle
rovine del suo Castello. Me lo raccontava nonna Duvernois, e ne sapeva tante,
di leggende così…»
Anche
quella notte, Al non dormì molto. Ancora una volta fu come se una corrente
fredda serpeggiasse di colpo nel corridoio, con un suono quasi subliminale,
spargendo un odore ferrigno, di terra e di foglie marce, come di certi morti
dimenticati che si alzino dalla tomba. Il letto era viscido del sudore freddo
della maccaja (leggi: makàja) e Al si sentiva come avvolto nell’orrido abbraccio
della Donna del Ponte.
(da "L'Albergo del Ragno", Arduino Sacco Editore)
(da "L'Albergo del Ragno", Arduino Sacco Editore)
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