(...) Ad Albert sembrò strano anche
l’albergo, e persino un po’ inquietante, serrato com’era tra palazzi tanto
assurdamente vicini che sembrava gli si stringessero attorno con l’intenzione
maligna di togliergli l’aria. Il giovane deglutì: neppure il giardino, che
spuntava dai due lati del palazzo con due sottili propaggini, e probabilmente
lo cingeva a “ferro di cavallo”, riusciva a dare respiro a quel palazzo. Sulle
cancellate che lo racchiudevano, si arrampicavano piante tanto alte e folte da
non lasciare vedere niente dell’interno, e si serravano strettamente sulle
inferriate di ferro battuto macchiate di ruggine come di lebbra. Qualcuna anzi,
fra le aeree volute che le componevano, era stata tanto corrosa da quella
specie di cancro rosso cupo da essersi spezzata. Albert sorrise fra sé: gli era
venuta in mente una frase del grande
Lovecraft su un palazzo “oscenamente antico” della fine del ‘700, e quella
costruzione era addirittura del ‘500, gli aveva detto Robert. Gli affreschi
sulla facciata del palazzo, trabeazioni e mezze colonne, erano appena visibili.
Si notavano anche figure umane di tipo greco-romano, che se ne stavano annidate
nelle nicchie virtuali create dagli elementi architettonici: qua e là mangiate
dal tempo e dalla salsedine, finivano in questo modo per assumere mostruose e
inquietanti fisionomie.(...)
Nessun commento:
Posta un commento