In "Donne con le gonne lunghe" abbiamo imparato a conoscere una famiglia di donne forti e volitive: quella della zia Irene Brianti. Era la matriarca della famiglia De Angelis, quella della Bruna, l'amore di Ettore Cresta.
Questa invece è la storia di Cicco e della Rita, i nonni della famiglia Cresta.
Con quest’opera,
Laila Cresta ci regala un appassionante romanzo familiare che intreccia le
vicende private alla grande storia, attraversando quasi un secolo di eventi.
Quella che ci offre è la cronaca romanzata della sua famiglia contadina
piemontese, i Cresta, le cui alterne fortune si intersecano con le guerre
mondiali, il fascismo e la lotta partigiana, ma è anche e soprattutto il
ritratto di una coppia tenace e anticonformista, Cicco e Rita, e della loro
discendenza, presentati in queste pagine in tutta la loro umanità.
La storia comincia con Giovanni, il padre di Cicco, un “carbonaro” valdostano d’origine elvetica, e uomo affascinante, beniamino delle donne. E' dotato di una cultura inusuale per la sua estrazione sociale: sa leggere e scrivere correntemente e parla bene l’italiano, il francese e il romancio, come tutti nel Cantone elvetico di cui la sua famiglia è originaria. Incarna perfettamente quella figura di autodidatta colto e appassionato di politica che sarà tipica di gran parte dell’antifascismo popolare. Il padre lo incoraggia a sposare la bella Amalia Barberis: è proprio il tipo di ragazza grande e forte che piace a lui, e gli farà otto figli.
Il suo figlio maggiore, un giovane gigante che somiglia alla madre, è l'unico che sappia tenere sotto controllo la sua voglia di divertirsi e la sua passione per le donne. Tutti sapevano che avesse delle amanti e sua figlia Giulia raccontava che il padre fosse anche piuttosto abile nello scansare le fatiche: ad esempio, se era ora di portare a casa la paglia con la forca, lui aveva la zappa (perché diceva occorresse chiudere i fossetti per il passaggio del carro con la paglia), se era ora di tagliare le barbabietole, lui aveva la forca (e in questo caso gli serviva per spostare le foglie) ...
Mentre Cicco è a militare nei carabinieri, si innamora perdutamente di Rita, una ragazza di Vocemola (Arquata S.), con una famiglia tutt'altro che ricca, ma dalle vaghe pretese di nobiltà. Rita è bella, volitiva, sa di matematica e di italiano: incarna perfettamente la figura della donna moderna che comincia a diffondersi nei primi anni del Novecento. Sa perfettamente quello che vuole e ha un ruolo sempre attivo in tutte le vicende: è l’emblema, insomma, della “donna nova” (per dirla con la Montessori, che aveva una ventina d'anni più di lei) che proprio in quegli anni comincia a lottare per la propria emancipazione, e che appare come una voce fuori dal coro in un mondo ancora proiettato nel passato. Cicco poi è il prototipo del lavoratore dell'epoca, che comincia a rivendicare i propri diritti e non ha neanche paura delle Autorità: anzi, se è stato anche "Carabiniere del Re", nel periodo del militare, lo è stato proprio per non lasciare la madre sola con altri sette figli, e con un marito giovane e un po' scapestrato. Naturalmente, Cicco dovette anche andare in guerra, e "guerrafondaio" era l'unica "parolaccia" che imparò a usare.
Cicco e la Rita: verso il '900 - di Laila Cresta - Edizioni Youcanprint
ISBN |979-12-22700-72-4 14 euro
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