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giovedì 8 agosto 2019

AFFABULARE: LO ZIO D'AMERICA


(In PROMOZIONE sul sito della ANTIPODES EDIZIONI)

 Anche la grande Storia, quella delle genti e degli Stati, è composta di storie: storie di persone, di famiglie, di paesi, … Le storie di famiglia sono un grosso patrimonio, che contribuisce anche ad acquisire consapevolezza di sé, favorisce il nostro radicamento nella vita e nel mondo, ci fa sentire parte di una Storia che non è cominciata con noi, e non finirà con noi. 
Nella mia famiglia la storia è una passione, e quindi lo sono anche le storie di famiglia.
In quella di mia nonna Rita, per esempio, si racconta della sua sorella maggiore, che, alla fine dell'800, scappò di casa per raggiungere il ragazzo che amava: suo padre l'aveva rifiutato e lui era andato in Argentina. La famiglia aveva poi saputo che i due ragazzi si erano ritrovati e sposati: avevano avuto due bambini e ne mandarono le foto della Comunione a mia nonna, perché lei non era neanche nata, allora, e quindi non era in alcun modo responsabile dell'atteggiamento del padre. 
Questa storia di famiglia è lo spunto da cui parte "Lo zio d'America".
Questo romanzo, allora, è soprattutto una storia d'amore: anzi, è la storia degli amori di una giovane ragazza inviata a Buenos Aires dalla stilista per cui lavora, per creare un nuovo punto vendita.
La sua scoperta della città porthenos (aggettivo di Buenos Aires), della sua cucina, del suo folklore, della sua storia (e dei cugini che discendono da "Lo zio d'America"), è anche la nostra.
Dalla morte di suo padre, vittima degli "anni di piombo", quella di Carlotta è stata una casa di donne sole, il cui scopo nella vita è stato solo quello di permettere alla bambina di studiare, nonostante le difficoltà economiche. Carlotta (tipico nome genovese, come tipicamente genovesi sono i cognomi usati nel romanzo)  non ha mai saputo cosa voglia dire essere un po' incosciente, un po' pazza: insomma, giovane. Lo impara in questo viaggio, e impara anche che può essere pericoloso, lasciarsi andare con troppa leggerezza.
La ragazza incontra i discendenti dei carbonari emigrati a Rosario nel 1830, e quelli dei genovesi e dei rivieraschi emigrati in Argentina prima e dopo la II guerra mondiale.
E impara il tango argentino più sensuale a "la Boca", o barrio zeneize": il quartiere genovese.



- Davvero ce l’abbiamo anche noi, lo ‘zio d’America’, nonna?
- Ce l’ho io! - rispose lei - Era una zia, la sorella maggiore di mia
nonna: Zia Luigina. Il giovanotto di cui era innamorata era partito
per l’America da solo perché suo padre non gli e l’aveva lasciato sposare,
e lei gli è scappata dietro. Nel 1881, ti rendi conto? E lei era
una ragazzina di 18 anni, ed è partita da sola, per andare in un Paese
straniero, di là dell’oceano! A quei tempi, poi… “Trenta giorni di
nave a vapore fino all’America noi siamo arrivati”… l’hai già sentita,
no? Chissà quanti sogni avevano fatto insieme, quei ragazzi…

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